C’era una volta la Google Autorship, e tutti erano lì a far la corsa ad aggiungere tutti i meta-dati possibili e immaginabili per far vedere in SERP di Google foto con le facce e nomi degli autori dei pezzi.
Serviva? Aumentava il CTR?
Google, ci credereste, giura di no. E non era il solo.
I fatti erano due:
1) le SERP erano davvero brutte e disomogenee
2) dal punto di vista del cosiddetto “personal branding” servivano, perché si vedevano le facce e i nomi degli autori. Essere in SERP per chiavi di ricerca importanti e avere la propria faccia lì, insieme al nome dell’autore (e al numero di cerchie di Google+ in cui si era presenti? Mah, questo dato non ha mai avuto molto significato, anche se a Google sarebbe piaciuto che fosse sinonimo di autorevolezza) era sicuramente utile per gli autori medesimi e probabilmente anche i brand, che avevano così la possibilità di aumentare la visibilità dei propri autori e, conseguentemente, fidelizzare gli utenti abituati a cercare determinati argomenti su Google (certo: vale anche il contrario. Magari un autore era “poco cliccato” a prescindere, chissà).
Ma adesso bruttezza e utilità non sono più in discussione. Google ha deciso di chiudere l’esperimento: la Google autorship sparisce dalle SERP. L’annuncio del 28 agosto non è una novità, a dire il vero, e non coglie affatto alla sprovvista. Perché?
Google Authorship: via le foto dalle SERP
Indice dei contenuti
Il 25 giugno 2014 John Muller annuncia (questo sì a sorpresa) che Google avrebbe rimosso tutte le foto della Google autorship dalle SERP. La cosa sorprende decisamente, perché Big G aveva puntato tutto su questa rivoluzione delle SERP che associavano a ogni pezzo una faccia e che servivano anche per connettere le SERP a Google+. Detto, fatto. In 3 giorni il processo si compie. E ovviamente non è finita.
Google Autorship: via tutto dalle SERP
Ecco dunque che il nuovo annuncio di Muller, sempre a proposito della Google authorship, sempre su Google+, non sorprende affatto ma è solo la naturale prosecuzione del processo. Muller, coinvolto fin dal principio nel test, scrive che in Google hanno rilevato che
«l’informazione non è utile agli utenti quanto Google sperava, e può anche distrarre dai risultati [della SERP]. Pensando a questo, abbiamo deciso di smettere di mostrare l’autorhip nei risultati».
Quindi, anche il nome dell’autore viene rimosso: era rimasto come informazione, sopravvivendo alla scomparsa delle foto.
Muller precisa:
«Se siete curiosi, dai nostri test la rimozione dell’autorship non sembra ridurre il traffico ai siti. Né incrementa i click sugli annunci. Abbiamo fatto questo tipo di cambiamento per migliorare l’esperienza dei nostri utenti»
Google Authorship: e ora?
In ogni caso, visto che implementare l’authorship non è stato facile per tutti, non è proprio il caso di tornare indietro. Lo dice lo stesso Muller:
«Questi dati aiutano tutti i motori di ricerca a capire meglio il contenuto e il contesto delle pagine web»
Quindi, ora non mettiamoci a smantellare tutto quel che avevamo costruito per correre dietro a questa modifica (grande classico: il panico ogni volta che Google annuncia una modifica. La gara a non capire o mal interpretare le sue indicazioni. La gara a prendere decisioni immediate quando invece i fatti suggeriscono sempre calma e razionalità). Google non ha detto che ora l’authorship va cancellata. Ha detto che non la mostra più in SERP.
L’operazione è sicuramente dettata da logiche interne: è una retromarcia, ma nemmeno la più brusca. Google è abituato a fare e disfare.
Google SERP da “mobile first” (e Google First)
E’ altamente probabile che questa scelta sia stata presa da Google perché le SERP non erano più adeguate per il mobile. E si ritorna così alla cara vecchia pagina di ricerca, con il link blu e le scritte nere.
Sì, perché nel frattempo il motore di ricerca ha rimosso dai suoi risultati anche i thumbnail dei video (eccezion fatta per quelli di Youtube o per quei siti che si occupano essenzialmente di video. Ve ne eravate accorti? Big G lo ha fatto senza alcun preavviso, a differenza di quanto ha fatto con la Google Authorship e con l’HTTPS come fattore di ranking. Quella sì che è stata una grossa retromarcia che serve ugualmente a tutelare Google e la sua proprietà, Youtube).
Rimane ancora – nulla a che vedere con la Google Authorship, naturalmente, ma con l’aspetto estetico delle SERP e con la loro fruibilità da mobile – la thumbnail dell’immagine sullo spazio in SERP dedicato a Google News e c’è da chiedersi se è lecito aspettarsi presto qualche modifica anche lì.
Quel che resta in piedi nelle SERP:
– le stelline (o se preferite, il rating snippet). Resteranno ancora a lungo? Chissà. Io scommetterei di no;
– i risultati di Google News;
– il knowledge graph, che però il traffico tende a tenerlo dentro Google, non a spostarlo fuori
E quest’ultimo punto ci rimanda a un concetto fondamentale: le modifiche che Google fa, non le fa da “badante” di chi pubblica contenuti online. Ma le fa, ovviamente, per i propri scopi. Nulla di male, per carità, ma bisogna ricordarselo.
[Da leggere anche:– Ten Blue Links, di Joost de Valk, 29 agosto 2014
– Il post di John Mueller su Google +, 28 agosto 2014
– The Rich Snippets Algorithm, di AJ Kohn, 20 agosto 2014
– How Does Google Authorship Impact CTR?, di Justin Briggs]
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