È tutta una guerra alle fake news, alle dichiarazioni forti, alle sparate di questo o quel politico, di quello o quell’altro giornalista.
Se c’è una cosa che ho imparato in tutti questi anni è che rispondere alle provocazioni non serve a niente. Esattamente come non serve a niente rispondere ai troll che si divertono a infestare una conversazione, uno spazio di confronto. Quando si diffonde una narrazione tossica, di solito, la velocità e la semplicità del messaggio sono soverchianti.
Se pensi di poter rispondere a messaggi facili, che fanno leva sull’indignazione di pancia, sui sentimenti anziché sulla ragione, sulle percezioni e le sensazioni anziché sui dati, sul qui-e-ora anziché sulla storicizzazione, sugli ambiti ristretti anziché sulla multidisciplinarità, be’, ti stai illudendo. Anzi, ci sei dentro fino al collo e ti nutri del medesimo meccanismo tossico.
Quel che bisogna fare è l’esatto contrario della reazione immediata.
Bisogna fermarsi, rallentare e produrre dei contenuti-anticorpo.
L’idea alla base dei contenuti-anticorpo è semplice: se si diffonde una narrazione tossica non ha senso contrastarla direttamente e sul breve periodo. Non puoi competere contro uno slogan ben strillato. La velocità è nemica del pensiero critico e ti fa perdere un sacco di energie, in maniera scomposta.
Bisogna, invece, prendersi del tempo e produrre contenuti che durino e che siano utili anche dieci anni dopo, che ci rendano immuni sul lungo periodo; bisogna agire sul piano culturale, far sedimentare e consolidare la conoscenza. Usarla per fare in modo che la prossima volta i messaggi tossici non possano passare. È inutile invocare leggi ad hoc o interventi regolatori (che, anzi, sono pericolosissimo). È inutile agitarsi e amplificare a dismisura i messaggi negativi che trovano già i loro canali di sfogo e che è meglio lasciare isolati nel silenzio. È inutile esercitarsi alla critica puntuale e costante che non fa che alimentare la polarizzazione della conversazione.
Agire significa partire dalle fondamenta.
Comando e controllo, per esempio, è uno di questi contenuti: è un documentario che ho diretto e che ho prodotto insieme al mio socio, Fulvio Nebbia, e alla nostra iK Produzioni, dopo mesi di vita a L’Aquila in seguito al terremoto del 2009, dopo giorni e notti di conversazioni, analisi, ricerca di documenti e testimonianze. È un contenuto ancora attuale. La maggior parte delle cose raccontate si sono poi verificate negli anni a venire e la tesi del documentario ha trovato più d’una dimostrazione nei fatti.
È un contenuto anticorpo contro l’abuso dello stato d’emergenza e contro quella che Naomi Klein chiama la shock doctrine.
La produzione di contenuti-anticorpo è l’unica forma che riesco a immaginare di resistenza alla tossicità del flusso, ai tweet razzisti, ai titoli sessisti: è un lavoro lungo, che richiede di sporcarsi le mani, che non ti dà visibilità né like su Facebook. È un lavoro sul piano culturale.
Ci vorrebbe un bel piano editoriale per contenuti-anticorpo.
Lascia un commento