Intelligenza artificiale generativa: la mia guida completa

Che cos’è l’intelligenza artificiale generativa? E perché sarebbe meglio parlarne al plurale? In questo lungo pezzo ho pensato di raccogliere tutte le mie esperienze in merito.

L’intelligenza artificiale generativa (spesso chiamata AI generativa o generative AI) è diventata negli ultimi due anni un simbolo di trasformazione digitale. Da strumenti come ChatGPT, Claude, Llama, Gemini (basati su grandi modelli di linguaggio, i large language model), fino ai sistemi di generazione di immagini con AI (come Stable Diffusion o Midjourney, Dall-e e altri) e di video (Runway, Sora, Kling e altri) questa tecnologia ha suscitato insieme entusiasmo e timori.


Introduzione alle AI generative

Le intelligenze artificiali generative sono quelle che “creano”: testi, immagini, musica, video e persino codice. Non si limitano a rispondere a una domanda, ma producono qualcosa di nuovo basandosi su dati passati. ChatGPT, Claude, Gemini, Llama per i testi e altre operazioni come la scrittura di codice, l’analisi dei dati, MidJourney, Stable Diffusion, Krea, per le immagini, ElevenLabs per la voce, HeyGen per il video: sono esempi di questa rivoluzione. Sono strumenti affascinanti, ma non magici. Funzionano grazie a grandi quantità di dati e a complessi algoritmi matematici. Dietro ogni risultato c’è un processo di calcolo che imita la creatività umana ma non lo è.

Nella prefazione che ho scritto per il volume di Internazionale e BUR Intelligenza artificiale, ho definito le AI “lo specchio di tutto”: questa tecnologia riflette le nostre ambizioni, i nostri limiti e i nostri pregiudizi, moltiplicandone l’effetto. Fa cose che prima ritenevamo solo umane e ci costringe a riflettere sulla società che abbiamo costruito e su come la vogliamo cambiare.

È una metafora che ripeto spesso anche nella mia newsletter per Internazionale, dove cerco di bilanciare gli eccessi di entusiasmo con le posizioni più luddistiche o scettiche.

Inoltre, preferisco parlarne al plurale e dire: intelligenze artificiali. Parliamo, infatti, di una famiglia di tecnologie che comprende approcci, modelli e applicazioni che risolvono problemi diversi. Pensare alle AI (al plurale) ci aiuta a uscire dalla logica monolitica, ci aiuta a non umanizzare le tecnologie e a riconoscere la varietà e la complessità di questo ecosistema. Significa anche riconoscere che ogni AI ha limiti, scopi e implicazioni diverse. Infine, significa non umanizzare le macchine.

E questo, come vedremo, è cruciale per comprenderle e usarle al meglio.


Come funziona l’AI generativa e perché ne parlo

Ho un percorso formativo atipico: pur avendo studiato ingegneria biomedica (senza laurearmi: mi sono fermato a quattro esami dalla laurea), ho poi lavorato come giornalista, regista, documentarista, ho scritto libri, fatto inchieste, lavorato come esperto SEO, fondato TvBlog e diretto Blogo; mi sono messo a studiare comunicazione interculturale. Ho co-fondato Slow News, il primo progetto di slow journalism in Italia, lavorato per Google come Google News Lab Teaching Fewllow – frase lunga per dire che ho formato migliaia di giornaliste e giornalisti su tecnologie digitali al servizio del giornalismo – e, negli ultimi anni, ho recuperato i miei studi in ingegneria biomedica, lavorato tantissimo con le AI, sperimentato l’utilizzo dell’AI in diversi contesti e iniziato a formare decine di persone e di aziende sull’adozione delle intelligenze artificiali generative. Ho scritto la prima policy sull’uso delle AI nel giornalismo in Italia, quella di Slow News, poi ho scritto, con Mafe de Baggis, il libro “In principio era ChatGPT”, un libro in cui raccontiamo come i modelli di linguaggio (LLM) che stiamo vedendo in azione siano solamente all’inizio. In questo background che può sembrare caotico vedo la coerenza di quelle che vengono chiamate le “glue person”, persone-colla. E nelle intelligenze artificiali generative vedo l’essenza di questo mio essere colla.

Ora, per capire come funziona l’AI generativa, immagina di spiegare a un bambino come raccontare una storia.

Gli dai alcuni esempi, gli spieghi le regole della grammatica e della narrazione, e poi lo lasci provare. Le AI generative imparano in modo simile, usando enormi quantità di dati (come libri, immagini, suoni) per “imparare” schemi e pattern.

Modelli come quelli basati su reti neurali trasformano questi schemi in output, predicendo quale parola, immagine o nota musicale dovrebbe venire dopo. Secondo molte persone l’intelligenza di queste macchine è solo un’imitazione: le macchine non capiscono davvero quello che fanno o comunque non lo capiscono in senso umano.

Tuttavia, un filone di studi ricerca la capacità dei large language model di costruirsi modelli di comprensione della realtà.

Al di là delle dispute filosofiche e scientifiche, quello che conta è capire i limiti attuali dell’AI generativa:

  • se i dataset di addestramento sono datati o contengono pregiudizi, i bias nei modelli di AI verranno inevitabilmente amplificati (e questo è già vero dal momento che sono, nel mondo occidentale, dati perlopiù americanocentrici)
  • anche i sistemi più evoluti – come quelli di generazione di immagini con AI o i chatbot più avanzati – restano vincolati ai dati di partenza e alle correlazioni statistiche.
  • senza controllo umano (editoriale, giornalistico, legale), il rischio di diffondere informazioni fuorvianti aumenta, specie in contesti delicati come la politica, la sanità, la giustizia

Cos’hanno di diverso le AI generative da quel che c’era prima?

Queste macchine sono:

  • generaliste: a parte quelle super-verticali, le AI generative non sono pensate per fare un solo compito. Non sono, per capirci, un software di videoscrittura. Sono un foglio bianco e siamo noi a decidere come usarle. Prima, in ambito informatico, eravamo abituati a software altamente specializzati e a sistemi di intelligenza artificiale fortemente verticalizzati su un singolo compito (ad esempio il riconoscimento di immagini o il filtraggio antispam). Le AI generative, invece, nascono generaliste e possono essere plasmate in molti modi diversi. Possiamo usarle per generare testo, codice, immagini, musica, sintesi di dati, idee creative, e via dicendo. Possiamo usarle per aiutarci a fare riassunti o una richiesta di accesso agli atti, l’estrazione di informazioni strutturate da un pdf o per aiutarci nel fact-checking. È proprio la loro natura “multiuso” che le rende affascinanti ma anche potenzialmente caotiche. Il modo in cui facciamo le domande (i cosiddetti “prompt”) influisce fortemente sul tipo di output che otterremo
  • macchine che sbagliano: possono commettere errori. Possono produrre dati inesatti o fuorvianti: in questo caso si parla di “allucinazioni” (in inglese, hallucinations, termine tecnico ma fortemente fuorviante quanto ad antropomorfizzazione) quando un modello inventa informazioni senza alcuna base reale. Come abbiamo detto, se i loro dati di addestramento contengono pregiudizi o errori, essi verranno riprodotti e amplificati. A differenza degli esseri umani, che possono comprendere sfumature e situazioni impreviste, le macchine si basano su correlazioni statistiche e fanno ancora fatica a fare deduzioni (vedi, per esempio, i lavori sui test ARC-AGI). Queste AI non sono “malfunzionanti” per il fatto stesso di generare errori. In un certo senso, è fisiologico che sbaglino, perché il loro obiettivo è “predire” la miglior risposta statistica, non la verità.
  • macchine a cui possiamo chiedere: cosa possono fare per noi;
    di cosa hanno bisogno da noi per assisterci al meglio. Questo approccio non è intuitivo e non ha niente a che vedere con la moda dei “100 prompt da usare con ChatGPT”. Se hai in mente un compito in cui un large language model può assisterti prova a chiedere qualcosa tipo: “Devo fare spesso dei riassunti di documenti complicati. Come puoi assistermi e di cosa hai bisogno da parte mia per assistermi al meglio?”. Poi usa la risposta come checklist, cercando di capire bene cosa ti serve e cosa puoi dare alla macchina per aiutarti
  • macchine che imparano dai dati: i loro “cervelli” (reti neurali) si addestrano su enormi dataset di informazioni
  • macchine che si adattano a contesti diversi: sanno passare dalla generazione di un racconto fantasy alla traduzione di un contratto legale, se opportunamente istruite
  • macchine che dialogano: non sono più programmi muti che “eseguono”, ma sistemi che possono “collaborare” con chi li utilizza
  • macchine che hanno potenzialità emergenti: fenomeni come la “ragionamento a catena” (chain-of-thought) dimostrano che alcune AI sviluppano capacità non previste espressamente dai loro creatori (ad esempio, risolvere puzzle logici o scrivere testo in uno stile coerente a quel che chiedi loro)
  • macchine che si possono personalizzare senza competenze specifiche di programmazione

Queste caratteristiche, prima, semplicemente non esistevano in alcuna macchina che l’umanità abbia mai utilizzato.


Principali applicazioni dell’AI generativa

È difficile fare un elenco esaustivo di quel che si può fare oggi con le macchine generative

  1. scrittura e contenuti: dalla creazione di bozze articoli ai riassunti, le AI possono velocizzare il processo creativo, automatizzando quel che si può automatizzare e lasciando agli umani il lavoro veramente umano di cura, di relazione, di intuizione
  2. design e creatività visiva: per generare bozze di loghi, di layout grafici, di intere illustrazioni
  3. audio e video: per creare musica personalizzata, sintetizzare voci o persino generare filmati
  4. codice e sviluppo: per aiutare i programmatori a scrivere codice, riducendo errori e tempi di lavoro
  5. analisi dati a partire da fogli di calcolo
  6. creazione di visualizzazione di dati
  7. brainstorming
  8. scrittura di prompt per altre AI

Strumenti e piattaforme per l’AI generativa

Oggi abbiamo un’abbondanza di strumenti, ciascuno con punti di forza e debolezze:

  • ChatGPT, Claude, Gemini, Llama, Grok sono alcuni fra gli strumenti che si usano per la generazione di testi e conversazioni.
  • MidJourney e Stable Diffusion per le immagini.
  • Runway per il video editing generativo.
  • ElevenLabs per la sintesi vocale.

Questi strumenti sono potenti, ma come ogni tecnologia, richiedono consapevolezza e metodo per essere sfruttati al meglio.


Sfide ed etica nell’uso dell’AI generativa

Le AI generative sollevano domande critiche:

  • Chi controlla i dati? Molti modelli sono addestrati su dati raccolti senza consenso esplicito.
  • Quali sono i rischi? Dalla disinformazione al deepfake, le AI generative possono essere usate in modo malevolo.
  • Chi ne beneficia? C’è il rischio che queste tecnologie amplifichino le disuguaglianze, mettendo il potere nelle mani di poche aziende.

Futuro dell’AI generativa

Il futuro delle AI generative dipenderà da noi. Se regolamentate correttamente e usate in modo responsabile, potrebbero diventare alleate straordinarie. Immaginiamo sistemi che aiutano a personalizzare l’educazione, che creano nuovi strumenti artistici o che supportano i medici in diagnosi più precise. Tuttavia, senza un’adeguata attenzione all’etica, rischiamo di creare tecnologie che dividono più che unire.


Personalizzazione dell’AI generativa

Il vero potenziale delle AI generative sta nella personalizzazione. Piuttosto che usare modelli generici, possiamo costruire AI su misura per specifici compiti e contesti. Ad esempio, un’azienda potrebbe sviluppare un chatbot che non solo risponde, ma riflette i valori e il tono del brand. La chiave è partire dalle esigenze umane, non dalla tecnologia.


4 cose incredibili che puoi fare con l’AI generativa

Ecco la verità: non esistono “4 cose magiche”. Esiste un metodo. Non lasciarti ingannare da chi promette formule preconfezionate. L’AI generativa funziona meglio quando la approcciamo con:

  1. Obiettivi chiari: Cosa vuoi ottenere?
  2. Contesto specifico: Per chi o cosa stai creando?
  3. Feedback continuo: Migliora iterativamente.
  4. Etica e responsabilità: Chiediti sempre quale impatto avrà ciò che stai facendo.

10 o 100 prompt da copia-incollare per ChatGPT (o Claude o Gemini)

No, non esistono davvero “100 prompt perfetti”. Questi elenchi, molto popolari, semplificano troppo. L’AI non è un magico dispensatore di risposte, ma un assistente che funziona al meglio con:

  • Prompt ben pensati: Chiari e dettagliati.
  • Personalizzazione: Adatta il linguaggio e il tono al tuo scopo.
  • Iterazione: Non fermarti alla prima risposta.

Il vero “prompt perfetto” è quello che costruisci tu, basandoti sulle tue esigenze e sui tuoi obiettivi. Il metodo conta più della scorciatoia.

AI al lavoro

Le intelligenze artificiali stanno entrando sempre più nei flussi di lavoro quotidiani, automatizzando compiti ripetitivi e liberando tempo per attività strategiche. Ad esempio:

supporto clienti: chatbot intelligenti che rispondono a domande complesse, offrendo assistenza 24/7.

produzione di contenuti: creazione automatizzata di report aziendali, post sui social media e newsletter.

analisi dati: estrazione di insight dai big data, con modelli che individuano trend e anomalie in tempo reale.

ricerca e sviluppo: accelerazione dei processi di prototipazione, con simulazioni e scenari generati attraverso l’AI

L’integrazione dell’AI nei luoghi di lavoro offre nuove opportunità di crescita, migliorando la qualità dei risultati e libera il tempo delle persone. Tuttavia, è fondamentale un approccio bilanciato, dove le capacità umane e quelle artificiali si complementano senza entrare in competizione, lasciando sempre agli umani il compito della supervisione esperta.

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